In questo periodo si sviluppò tra le popolazioni il culto della Grande Madre, divinità femminile primordiale le cui statuette sono state rinvenute unitamente a resti di tamburi presumibilmente utilizzati in cerimonie funebri
Con il passare dei secoli, l’antica Dea Madre finì poi per assumere varie identità locali a seconda delle civiltà mediterranee: Gea in Grecia, Cupra in Italia, Astarte in Libano e così via.
In Turchia e in Siria era venerata come Meter oreia, “madre montana”.
Nel paese dell’Asia Minore dal quale il suo culto si è venerata nel santuario frigio di Pessinunte, e di qui poi diffusasi in tutto il mondo greco – veniva rigorosamente associata al simbolo cosmico del tamburo.
Durante le processioni in onore di Cibele, che incarnava la diffuso, cioè in Frigia, veniva chiamata Matar Kubile, Nella
nostra lingua, Cibele”.
Anche questa nuova versione della Dea Madre – inizialmente
ciclica potenza distruttrice e rigeneratrice della Natura, il carro della dea era accompagnato da numerosi suonatori di tympanon, un tamburello a cornice che veniva percosso con la mano.
